Sa Rutta 'e Mandara 'e s'uru Manna - Urzulei (NU)
(GSAS - GASAU)


Scoperta ed esplorazione

Il buio avvolge lentamente il bosco di sa Pira. Attorno al fuoco si parla di un nuovo buco trovato di recente in una zona battuta per anni da diversi Gruppi speleo. "Sarà la solita storia... chiuderà dopo pochi metri" dice il solito pessimista. "Tira aria" sentenzia Antonio "ed é possibile che continui". La mattina dopo del buco non sembra esserci traccia...deve essere proprio piccolo.
Ma dopo una meticolosa ricerca salta fuori una minuscola fessura sul piano di campagna. Vengono rimosse alcune pietre e si avverte una tenue corrente d'aria: Giovanni e Giacomo superano una strettoia ed escono subito dopo: "C'è un pozzo...bisogna armare"

Franco, Antonio e Salvatore armano il primo pozzo a tempo di record giungendo ad un terrazzo che da accesso al secondo pozzo: qui si fermano ad ascoltare quella che per uno speleologo è come una sinfonia di Beethowen... il rumore dell'acqua in movimento. Il pozzo di 20 metri termina proprio sul torrente: a destra una corrente d'aria ed una grande frana, a sinistra la prosecuzione del meandro e dopo... un grande buio. E' qui che termina la prima esplorazione, le corde sono finite!

Nelle settimane successive vengono collezionate un numero impressionante di uscite dedicate all'esplorazione, al rilievo, a risalite, disostruzioni, documentazione fotografica, misurazioni di temperatura.

Descrizione

Posto nel versante idrografico destro del rio Flumineddu, alla quota di 870 m slm e a circa 40 m dall'alveo, il piccolo ingresso della grotta fa capo ad una estesa rete di diaclasi che si addentrano nella copertura dolomitica, la cui esplorazione ha consentito di rilevare circa 2000 m di gallerie.
Il profilo caratteristico della cavità mette in evidenza l'esistenza di una zona iniziale di trasferimento verticale (dei pozzetti in successione) e di una di drenaggio orizzontale secondo un asse principale con direzione grosso modo NS.

Una piccola fenditura sul piano di campagna, consente l'accesso ad una bassa saletta e poi, oltre una breve strettoia, ad un ambiente poco più ampio che si affaccia sul Pozzo Fisma: una patina di fine polvere bianca, costituita essenzialmente da carbonati di magnesio (Moonmiik disidratato), ricopre indifferentemente pareti e concrezioni.

Con un salto di 24 m il pozzo termina in corrispondenza di un pianerottolo occupato da una serie di colate mammellonari che scendono verso una piccola galleria di crollo ornata da delicatissime cannule e concrezioni di forma laminare. Si prosegue sui massi per qualche metro fino a sporgersi nel Pozzo degli urli, ampia diaclasi dalle pareti ben levigate, profonda 22 m.
Alla sua base, la frattura continua rettilinea nella stretta galleria Via col vento, incidendo la dolomia con direzione NW-SE: la roccia si presenta priva di stratificazioni, compatta a struttura saccaroide, di colore bruno-grigiastro con forme di erosione a lama e qualche stalagmite con diversi cicli deposizionali. Sul fondo, occupato da un sottile strato di fini sedimenti argillosi, scorrono periodicamente le acque provenienti da una vistosissima frana a monte: il caos di blocchi ostacola però il passaggio.

Seguendo invece i piccoli dislivelli negativi della galleria, dopo una cinquantina di metri si imbocca con un breve salto (8 m) il vasto salone di crollo del Grande Buio. L'inserzione di due diaclasi, una la logica prosecuzione di Via col vento, l'altra avente direzione N 20° W, insieme alla forte erosione delle acque in piena, hanno provocato il cedimento della volta e l'ampliamento della sezione, ingombra di grossi massi in frana. Le acque in occasione di massicci e repentini afflussi meteorici non vengono prontamente smaltite e come provano i livelli di detriti fini trovati sulle pareti ristagnano nella sala determinando anche l'accumulo di alluvioni sabbiose. Sul pavimento sono altresì presenti ciottoli poligenici alloctoni (scisti-graniti-porfidi), di notevole dimensione e ben arrotondati, caratteristici di inghiottitoi e cavità idrovore: questi depositi testimoniano l'intensa attività idrologica di scorrimento di importanti flussi esterni. La parte terminale della sala va restringendosi avvolta da una scintillante colata macrocristallina dalle tonalità rosate, mentre sul lato destro si apre il Meandro Leandro. Questa fessura verticale ascendente, profonda oltre 10 m, va dilatandosi da mezzo metro a circa 2 metri di larghezza, con pareti fortemente erose e ricche di appigli. Segno evidente dello scorrimento in piena è anche una marmitta del diametro di 4 metri che le acque in cascata hanno creato martellando la roccia.

Risalendo su una concrezione basculata dal soffitto, l'ambiente si biforca per l'incrocio con una diaclasi: a destra lo stretto meandro T'armo non t'armo si dirama in direzione dell'ingresso, ricongiungendosi con una finestra, al Pozzo degli urli; a sinistra invece si apre Sali porca zozza, sala di crollo molto concrezionata, con vari strati di crostoni stalagmitici (spessi non più di 15 cm) a formare una sorta di scalinata, che segna le tappe evolutive della cavità relativamente alla variazione del regime idrico. Arrampicando per qualche metro sulla parete di destra, si raggiunge il precario ambiente di Turno notturno: l'orroroso meandro infangato è costituito da diaclasi e vani più ampi, interessati da un groviglio di radici e da un intenso stillicidio. Questa rete di fessure incide profondamente la dolomia formando forse un punto di assorbimento proprio sotto l'alveo del Flumineddu, che scorre a non più di 30 metri di altezza. Ritornando al Grande Buio, alla base della frana, la grotta diviene attiva anche nel periodo estivo, dapprima con qualche pozza, quindi con un rigagnolo che si ingrossa più a valle per l'apporto di acque provenienti per lo più dalla base della parete.

Con una serie di passaggi tra massi, dove è possibile osservare policrome concrezioni a vela ed a festone, si giunge in una condotta non molto alta. Sulla destra si diparte una stretta fessura laterale colma di fango che si estingue in una decina di metri (Frattura schifosa) e, sempre sul lato destro, verso l'alto, si aprono alcune salette fossili, a vari livelli, adorne di magnifiche concrezioni (lo Scrigno e Sala Sospesa). Il pavimento, leggermente discendente, è ingombro di sabbia e di ciottoli di diversa litologia. Una serie di fratture parallele caratterizzano la direzione di questo ambiente; la galleria si fa tortuosa, la dolomia non presenta evidente stratificazione: sulla volta appaiono intricate forme di erosione, sulle pareti croste di sedimenti sospesi e fini cannule bianche.

La condotta si abbassa, riducendosi ad una strettoia allagata (su Bucu Abbau). Per proseguire occorre strisciare su una patina di sabbia scura ed acqua che in caso di piena occlude gran parte del vano. Subito dopo la condotta si apre (Sala del thè); le pareti presentano piccole ondulazioni date dalla corrente, depressioni poco profonde ed asimmetriche, determinate dalla turbolenza dell'acqua. Sul soffitto si apprezzano lame pseudostalattitiche ed una doccia di scorrimento sul lato destro del pavimento. Questo vano è il punto d'incontro dei due rami principali con cui si articola la grotta.

Il ramo di sinistra. Ramo non attivo in periodo estivo (è raggiunto periodicamente dalle acque in occasione di piogge violente), è costantemente impostato lungo discontinuità tettoniche che presentano tracce di particolari riempimenti a più livelli sulle pareti, testimonianza di eventi geomorfologici che hanno sedimentato ruditi sulla porzione inferiore del sistema carsico. Il litotipo di gran lunga prevalente è rappresentato da un conglomerato poligenico a cemento carbonatico con clasti di dimensione anche decimetrica dove si evidenzia una grossolana stratificazione. I ciottoli costituiti da materiale di natura granitoide e metamorfica sono stati rivestiti da uno strato di crostone stalagmitico e successivamente, l'intervento di una fase di ringiovanimento ha determinato una nuova erosione del deposito. Il suo tratto iniziale (Il Guanciale fa male) con sezione trasversale lenticolare di limitata ampiezza, si sviluppa rettilineo in dolomia a struttura microcristallina, priva di stratificazione ed al suo interno sono presenti impurità argillose e ossidi di ferro che conferiscono alla roccia una tonalità rosata. Dopo un incrocio a T la cavità si articola a sinistra in un ambiente di frana con massi a spigoli vivi, ricoperti da uno spesso strato di fango, che va a chiudere verso l'alto (Il Fangario) mentre a destra (Ramo degli Urzulotti) si snoda in continue anse ad angolo retto, zig-zag provocato dall'incrocio di nuove diaclasi. Ancora due diramazioni: una a nord ed una ad est. A N una breve condotta consente di raggiungere la Sala dell'Illusione, un'alta spaccatura dalle pareti verticali, inizialmente distanti 20 metri, che convergono nel tratto finale. Il soffitto è a notevole altezza, non ben definibile ed il pavimento si compone di un insieme disordinato di banchi di dolomia crollati ricoperti da depoositi stalagmitici e da residui organici. Ad E uno stretto cunicolo dà accesso ad un meandro (Gazzu e Coca Cola) che diviene progressivamente più stretto con le pareti annerite da una patina di argilla ed ossidi metallici fino a perdersi in una strettoia impraticabile (Troppo lungo troppo stretto).

Il ramo di destra. Ramo principale, collettore di tutte le acque, ha la morfologia della galleria vadosa. Dal tratto iniziale (Via Decimano) si presenta a sezione triangolare, con direzione e larghezza variabili. Superato il gomito di un laghetto, l'ambiente si allarga acquistando i caratteri del collettore vero e proprio (Waterworld) e le forme di erosione non sono più riconoscibili in seguito a fenomeni di concrezionamento. L'acqua vi scorre lenta (flusso 10 l/sec) con profondità media di 30 cm. La temperatura rilevata è di 10° C. Poco dopo una bella colata la cavità cambia aspetto. La grotta attraversa strati ben evidenti di dolomia giallastra dello spessore di 50 cm intercalati da altri dello spessore di circa 10 cm. Acquistando via via la morfologia del laminatoio. Questo presenta sezione trasversale ampia, il pavimento è in lieve pendenza e le acque scorrono occupandone la parte centrale. Lungo le pareti sono ben evidenziati gli strati e le nicchie di distacco dei blocchi di crollo. La volta si abbassa fino ad immergersi in un piccolo sifone dove si perdono le acque. Gli strati hanno direzione N 30° W ed immersione 20° E. Sul lato destro del laminatoio si apre la bella Galleria della Tigre Inca col fondo costituito da grandi colate e vaschette stalagmitiche.

La fauna di Mandara e s'uru Manna (di Paolo Marcia)

Lo studio è stato effettuato nell'arco di pochi mesi, per mezzo di avvistamenti e con l'uso di trappole. Per evitare una inutile quanto dannosa strage, queste ultime permettevano alla fauna di entrare ed uscire, attraverso apposite aperture praticate sul fondo ed ai lati di vaschette di plastica rettangolari di circa 20 cm di lunghezza.
Le trappole sono state posizionate in punti strategici, uno relativamente vicino all'ingresso, gli altri due nel ramo di sinistra, unico ramo dove è stata riscontrata materia organica in via di decomposizione e la relativa fauna ad essa associata.
Nelle trappole è stata posizionata un esca solida, personalmente ho preferito utilizzare croste di gorgonzola, ma va bene qualsiasi cosa purché puzzolente ed in avanzato stato di decomposizione.
Nella cavità sono state riscontrate diverse specie animali, troglobie, troglofile e troglossene. Per chi non lo sapesse, questo tipo di classificazione si basa sui rapporti che gli organismi instaurano con l'ambiente in cui vivono. Gli animali Troglobi sono quelli che trascorrono tutta la loro esistenza all'interno delle grotte, nel buio più assoluto e che hanno subito modificazioni morfologiche e fisiologiche acquisendo o perdendo nel corso dell'evoluzione diversi caratteri. Sono ciechi, depigmentati e presentano lunghe appendici sensoriali.
Il discorso è diverso per i Troglofili, che pur non essendo costantemente legati al dominio sotterraneo, come i troglobi, tuttavia lo frequentano regolarmente. Questi organismi non hanno subito dei grossi adattamenti, anche se spesso si riscontrano lievi depigmentazioni, peli sensoriali etc. I Troglosseni infine sono animali che, casualmente e occasionalmente frequentano l'ambiente ipogeo, spesso perché vi ci sono cascati. Nella nostra grotta le specie troglobie riscontrate sino ad ora sono tante ed hanno grande importanza. La grotta è un ambiente "difficile" ma allo stesso tempo molto stabile, dove le condizioni ambientali (temperatura, umidità, etc) si mantengono costanti nel tempo. Per tale motivo le specie troglobie si sono conservate per milioni d'anni e possono quindi essere considerate dei veri e propri "fossili viventi"! Sono spesso elementi endemici, ovvero che vivono solo in un'area ristretta della Sardegna, oppure in uno dei vari Supramonti, ma possono anche essere esclusivi di una determinata grotta. Le specie troglobie inoltre presentano spesso forti affinità con specie di Francia e Spagna. Tali affinità dipendono dal fatto che la Sardegna era unita a queste terre parecchi milioni di anni fa.

Quali specie abitano la nostra grotta? Per quanto riguarda i troglobi, è presente in numerosi esemplari il coleottero Sardaphaenops supramontanus grande circa un centimetro e di colore chiaro. Questo è un carabide trechino che si presenta depigmentato, cieco, dotato di peli sensori e di due robuste mandibole che usa per predare altri artropodi che abitano la grotta.
Altra specie interessante, ritrovata sia in forma larvale sia in forma adulta è Ovobathysciola majori, piccolo coleottero colevide troglobio di colore rossiccio presente anch'essa in numerosi esemplari, che si nutre su sostanze organiche in via di decomposizione.
Un altro animale presente nella cavità e che si alimenta come la bathysciola e il dipluro Patrizicampa sardoa. La Patrizicampa si presenta completamente depigmentata, priva di occhi, con lunghe antenne e due estesi prolungamenti caudali. Differerisce da altri dipluri Troglobi perché le sue dimensioni sono ragguardevoli (oltre il centimetro), è dotata di zampe molto allungate, ed è anch'essa una forma relitta di milioni d'anni. Sono presenti inoltre: crostacei appartenenti all'ordine degli isopodi triconiscidi Alpioniscus fragilis completamente bianchi, grillomorfi di colore chiaro e due aracnidi (ragni, scorpioni, pseudoscorpioni), l'Opilione Mitostoma patrizii e uno Pseudoscorpione del genere Neobisium di grandi dimensioni.
Per quanto riguarda i troglofili sono stati segnalati: pipistrelli non ancora identificati, coleotteri Staphylinidi, Oligocheti e Speleomantes supramontis, meglio conosciuto come Geotritone, d'estremo interesse zoogeografico, appartenente ad una famiglia di anfibi, i Plethodontidi, presente quasi esclusivamente nelle americhe.
Unici rappresentanti troglosseni sono invece dei topacci che scorrazzano tranquillamente nei pozzi.

Rilievo

Foto del 22 Marzo 2003

Bibliografia:

Sebastiano Cabras, Salvatore Cabras, Quinto Mulas, Laura sanna, Antonello Cossu, Daniele Soro - Sardegna Speleologica, Anno IX N.16